Divus Augustus Pater

Incontro del 19 ottobre

…di Enzo Bianchi su Mt 22,15-21
Cosa significa dunque: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”? È vero che, secondo le Scritture, il potere esercitato sulla terra viene da Dio. Anche Ciro, il re dei persiani che ha sconfitto Babilonia, era un “unto”, un messia di Dio, il quale, pur senza conoscere il Dio di Israele e senza credere in lui, aveva compiuto azioni volute da Dio stesso, diventando suo strumento (cf. Is 45,1-7). Nel Nuovo Testamento l’Apostolo Paolo applica la medesima convinzione alla situazione dei cristiani nell’impero: occorre prestare obbedienza leale alle autorità dello stato (cf. Rm 13,1-7; Tt 3,1-2). Cosa significa questo? Che lo stato, l’autorità politica è assolutamente necessaria per la vita della polis e dei credenti in essa. La città abitata dagli uomini e dalle donne abbisogna di ordine, di legalità, di giustizia, e dunque la politica non può essere ignorata, né si può vivere in società senza un’autorità cui rispondere lealmente. Gesù ha rifiutato di essere un Messia politico (cf. Mt 4,8-10), non ha accettato di essere fatto re (cf. Gv 6,14-15) e ha rimproverato Pietro per la sua incomprensione della propria identità di Messia mite, umile e anche sofferente (cf. Mt 16,21-23; 11,29). Egli è Re – come dirà a Pilato – ma non di questo mondo (cf. Gv 18,36)! Dare a Cesare ciò che è di Cesare, allora, significa riconoscerne l’autorità, restarvi sottomessi e tenere conto di essa – lo ribadisco – lealmente. Il cristiano non può essere un anarchico che si schiera contro lo stato, contro l’autorità politica. Ma qui ecco apparire lo specifico della via aperta da Gesù Cristo, dunque del cristianesimo, che può anche sembrare paradossale: il cristiano, obbediente alle leggi dello stato, deve tuttavia riconoscere sempre “ciò che è di Dio”. Ed è di Dio la persona umana, perché l’uomo, non Cesare, è l’effigie, l’immagine di Dio (cf. Gen 1,26-27), dunque è ciò che occorre rendere a Dio. Così il potere nella polis è riconosciuto, ma non in modo assoluto, senza limiti: va obbedito fino a che non opprima, non schiacci la persona nella sua libertà, nella sua dignità, nella sua coscienza.
Certamente con questa presa di posizione Gesù introduce nel mondo antico, che concepiva il potere politico in modo teocratico, una distinzione rivoluzionaria, che la chiesa in seguito smentirà, da Costantino fino a pochi decenni fa: la politica è necessaria ma va desacralizzata; quella del potere, di Cesare è una funzione necessaria ma umana, esercitata da esseri umani. E di fronte a Cesare sta il diritto di Dio, del Signore, che è vindice e garante di tutta la grandezza e la libertà dell’essere umano, che mai è lecito conculcare!
A Cesare, dunque, va pagato il tributo, ciò che deriva dal suo potere; ma ciò che appartiene a Dio, la vita umana, va data a Dio. E quando le due autorità entrano in conflitto, occorre ricordare le parole degli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29).
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