Incontro del 21 dicembre
di Carlo Maria Martini – Repubblica 2003
Mi sono sempre sentito a disagio con la facilità con cui a Natale e poi a Capodanno si fanno gli auguri di beni grandiosi e risolutivi, auspicando che le feste che celebriamo portino pace, salute, giustizia, concordia. Quando diciamo queste parole sappiamo bene che per lo più non si avvereranno e passata l’ euforia delle feste ci troveremo più o meno con gli stessi problemi.
Non è questa l’intenzione della Chiesa nel celebrare la festa di Natale. Essa intende ricordare con gratitudine il piccolo evento di Betlemme che, per chi crede, ha cambiato la storia del mondo e ci permette di guardare con fiducia anche ai momenti difficili della vita, in quanto illuminati e riscattati dal senso nuovo dato alle vicende umane dalla presenza del figlio di Dio. Ma non ci si limita al ricordo commemorativo. Si proclama la fiducia nella venuta di Colui che “tergerà ogni lacrima dai loro occhi”, per cui “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno” (Apocalisse 21,4) e si rinnova la speranza con la quale “noi aspettiamo nuovi cieli e una nuova terra, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2 Pietro 3,13).
Per questo il grido dei primi cristiani, riportato nella pagina conclusiva dell’Apocalisse, era: “Vieni, Signore Gesù!”. Ma questa attesa non è passiva: essa è ispiratrice di tutti quei gesti che pongono fin da ora segnali di giustizia, di riconciliazione e di pace in questa nostra terra pur così tormentata da lacerazioni e ingiustizie. In questo senso anche lo scambio di auguri di contenuto alto può esprimere la volontà di impegnarsi e la fiducia nella forza dello spirito che guida gli sforzi umani. è ciò che auspica il messaggio del Papa per la giornata della pace che si celebrerà ancora una volta (fu istituita da Paolo VI nel 1968, in un momento di gravi difficoltà internazionali) il primo gennaio 2004.
Si sottolinea in questo messaggio la particolare urgenza di “guidare gli individui e i popoli a rispettare l’ordine internazionale… La pace e il diritto internazionale sono intimamente legati fra loro: il diritto favorisce la pace”. Nel diritto internazionale vengono espressi “principi universali che sono anteriori e superiori al diritto interno degli Stati, e che tengono in conto l’unità e la comune vocazione della famiglia umana”. Per questo è necessario che l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia in grado di funzionare efficacemente. Lo diceva già Giovanni Paolo II nell’ Enciclica Sollicitudo rei socialis (1988): “L’umanità, di fronte a una fase nuova e più difficile del suo autentico sviluppo, ha oggi bisogno di un grado superiore di ordinamento internazionale” .
Un momento particolarmente doloroso di questa fase di sviluppo è dato dalla piaga funesta del terrorismo, “che è diventata in questi anni più virulenta e ha prodotto massacri efferati, che hanno reso sempre più irti di ostacoli la via del dialogo e del negoziato, esacerbando gli animi e aggravando i problemi, particolarmente nel Medio Oriente”. Tuttavia non bastano soltanto operazioni repressive e punitive. Occorre fare una coraggiosa analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici, educare al rispetto dei diritti umani che sempre più si presenta come una condizione preliminare per ogni società futura e rimuovere “le cause che stanno all’origine delle situazioni di ingiustizia, dalle quali scaturiscono sovente le spinte agli atti più disperati e sanguinosi”.
Ma occorre anche agire in positivo, superando le pure esigenze della giustizia con la dinamica dell’ amore. In questo senso il Natale è portatore di speranza, perché inserisce visibilmente e indelebilmente nella storia il principio personale dell’amore e del dono di sé, che è Gesù Cristo stesso. L’amore porta anche al perdono, senza il quale, ammonisce il Papa, non ci sarà mai pace: “Non c’ è pace senza perdono! Lo ripeto – dice Giovanni Paolo II – anche in queste circostanze avendo davanti agli occhi, in particolare, la crisi che continua a imperversare in Palestina e in Medio Oriente: una soluzione ai gravissimi problemi di cui da troppo tempo soffrono le popolazioni di quelle regioni non si troverà fino a quando non ci si deciderà a superare la logica della semplice giustizia per aprirsi anche a quella del perdono”.
In questo quadro ci permettiamo allora di rinnovarci per Natale e per il nuovo anno anche gli auguri più alti e impegnativi, con la fiducia che non sono solo parole ma premesse di fatti coraggiosi per un avvenire migliore per tutti.
Il foglietto: Parte A Parte B
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