Davide Maria Turoldo 1967
«Uomini, non invocatemi più ». È il primo dei tuoi comandamenti: « Non nominate il nome di Dio invano ».
Cosa abbiamo fatto del tuo nome, Signore! Cosa dice ormai questo nome agli uomini? A che serve?
È ancora la sua voce: «Non nominatemi invano, non disturbatemi con le vostre ciance ». Infatti ci sono preghiere che possono essere bestemmie (le mie forse). Come possono esserci bestemmie di disperati (secondo il nostro giudizio), le quali invece sono preghiere. « lo non so cosa farmene dei vostri incensi. Non continuate più a recare offerte inutili. Il novilunio, il sabato e le altre feste comandate non le posso soffrire. Le vostre solennità mi sono di peso, sono stanco di sopportarle: finché regna l’iniquità nelle vostre riunioni. Lavatevi, mondatevi, togliete via dagli occhi miei la malizia delle vostre intenzioni ».
« Non nominatemi più almeno per molti anni. Avete fatto scudo di me ai vostri orgogli, avete coperto col mio nome cose innominabili. Avete innalzato nel centro delle vostre città il vitello d’oro e lo avete adorato come vostro Dio. E nel mio nome avete tenuto buoni tutti i poveri della terra, miei veri tabernacoli di carne. Invece di vendicarli. Nessuno che almeno preghi insieme ai miei poveri nelle vostre chiese.
« Non invocate più il mio nome quando assumete le cariche del governo del mondo, o quando celebrate i vostri processi. E poi non siete capaci di trasformare una spada in vomero e una lancia in falce, o gente fomentatrice di guerre, uomini perennemente in guerra contro i vostri fratelli: gente divisa in mille religioni. Voi non siete che giudici di parte, e sempre nel mio nome. E non pensate che ai vostri diritti, a ciò che voi e non io chiamate diritto. Il diritto per me è solo di colui che è umiliato e offeso ed è senza lavoro e senza pane; il diritto è di quanti voi scartate dalle vostre assemblee e rapinate coi vostri sistemi detti civili.
« Non nominatemi più fino a quando un solo fanciullo è rovinato da voi grandi; fin quando milioni e milioni di figli miei sono esclusi dai vostri guadagni, ridotti alla fame e alla morte. E poi non date a me la colpa, poiché ci sono più ricchezze sulla terra che astri nel cielo. Voi non sapete che cosa è un uomo, un solo uomo per me: ogni uomo che soffre è il mio Cristo, grumo di fango e lacrime del Figlio mio.
« A me basta che ci sia qualche giusto sulla terra per perdonarvi, quelle creature semplici che voi non sapete neppure se esistono: è solo per costoro che non mi pento di avervi creato. La mia gloria è l’uomo, e però questo non l’avete ancora capito. Ma non abbiate paura: per questi figli miei, un resto (il piccolo resto d’Israele!), io salverò ugualmente la mia creazione.
« Solo non voglio, non voglio che vi facciate belli col mio nome. Ci sono atei – così voi li chiamate – che mi sono più vicini di voi. Voi non sapete dove mi nascondo.
«Non nominatemi più, uomini, almeno per molti anni.
Quale altro nome fu così macchiato e deturpato? Quanto è il sangue innocente versato in mio onore? E quante le ingiustizie che fui costretto a coprire?
«Per favore non nominate il mio nome invano ».
“Le vostre solennità mi sono di peso, sono stanco di sopportarle”
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in Racconto
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