Carissimo Vescovo Aiello,
approfitto del blog della Comunità della Piana, di cui faccio parte, per darle il mio “Benvenuto in città”, unitamente ai migliori auguri di “buon lavoro”, e per dirle “grazie”.
“Grazie” per le parole pesate che mi è sembrato di poter cogliere nell’intervista da Lei rilasciata ad una Tv cittadina. Non è sempre dato ascoltarle da chi ricopre un ruolo come il Suo e che confida, inoltre, di sognare di essere un “Vescovo della modernità che prende la Città per mano”.
Averle sentite, dunque, non può che riscaldare il cuore per andare avanti.
Come Lei afferma, sono “parole consolatrici”, non consolatorie, per quanti – cristiani come me (ma anche cattolico un po’ perplesso) – hanno da tempo maturato la convinzione che è solo nel proprio quotidiano – e nella propria solitudine, che non deve mai avere i presuntuosi caratteri dell’autocompiacimento e/o dell’autocelebra-zione – che si può trovare la forza per provare ad attuare la difficilissima sequela di Gesù, il Cristo.
La sensazione provata nell’ascoltarLa è stata simile a quella che provo ascoltando le parole di Papa France-sco. Un Papa donatoci dallo Spirito, che ha ridato “voce” (intesa come “Parola e parole pesate”) ai tanti, incardinati e non, in vario modo silenziati ed emarginati dallo scorso ventennio.
E, dunque, sono parole “consolatrici” anche per chi, come me, si è stufato da tempo di quello che lei indica come “cristianesimo (“cattolicesimo”? nota mia) di tradizione e di facciata […]” con i suoi “appuntamenti sociologici, più che spirituali” che hanno coinvolto e coinvolgono “ancora oggi, anche tanta vita sacramentale”. Quel cattolicesimo (tale è la mia estrazione e la mia educazione culturale con la quale mi confronto/scontro) che ancora oggi, a volte, mi considera pecora di un gregge in termini offensivamente intesi come sinonimi, rispettivamente, di persona non-pensante e, dall’altra, come semplice (inutile ?) parte di un anonimo branco.
Per me sono musica le sue parole sui “piccoli gruppi” e sulla loro “sfida ad essere lievito”. Esse coincidono con lo spirito che dovrebbe alimentare ogni comunità cristiana, come quella di cui faccio parte – la Comunità della piana, nata proprio da questo comune sentire – grazie all’intuizione di un caro amico, Pasquale Pirone, prematuramente scomparso esattamente tre anni or sono. Pasquale aveva oramai orientato da tempo la sua vita con la ferma convinzione “di pri
vilegiare la dimensione formativa in modo tale da essere testimonianza evidente di un modo altro di vivere”, esattamente come Lei ha detto, e lo coniugava con un intenso spirito ecumenico che rifuggiva da qualsiasi calcolo, categoria ed etichetta.
Sono contento, dunque, di questa non casuale occasione per averglielo potuto presentare, ricordandolo anche a quanti lo hanno conosciuto.
La saluto confidando di poterla conoscere di persona quanto prima e colgo l’occasione per invitarla – nella maniera più informale possibile – a qualche nostro incontro domiciliare infrasettimanale, durante il quale meditiamo – confidando nello Spirito – sulla Parola della domenica successiva.
Le rinnovo i più sinceri auguri di “buon lavoro”.
Massimo De Vinco
(Comunità della Piana)
approfitto del blog della Comunità della Piana, di cui faccio parte, per darle il mio “Benvenuto in città”, unitamente ai migliori auguri di “buon lavoro”, e per dirle “grazie”.
“Grazie” per le parole pesate che mi è sembrato di poter cogliere nell’intervista da Lei rilasciata ad una Tv cittadina. Non è sempre dato ascoltarle da chi ricopre un ruolo come il Suo e che confida, inoltre, di sognare di essere un “Vescovo della modernità che prende la Città per mano”.
Averle sentite, dunque, non può che riscaldare il cuore per andare avanti.
Come Lei afferma, sono “parole consolatrici”, non consolatorie, per quanti – cristiani come me (ma anche cattolico un po’ perplesso) – hanno da tempo maturato la convinzione che è solo nel proprio quotidiano – e nella propria solitudine, che non deve mai avere i presuntuosi caratteri dell’autocompiacimento e/o dell’autocelebra-zione – che si può trovare la forza per provare ad attuare la difficilissima sequela di Gesù, il Cristo.
La sensazione provata nell’ascoltarLa è stata simile a quella che provo ascoltando le parole di Papa France-sco. Un Papa donatoci dallo Spirito, che ha ridato “voce” (intesa come “Parola e parole pesate”) ai tanti, incardinati e non, in vario modo silenziati ed emarginati dallo scorso ventennio.
E, dunque, sono parole “consolatrici” anche per chi, come me, si è stufato da tempo di quello che lei indica come “cristianesimo (“cattolicesimo”? nota mia) di tradizione e di facciata […]” con i suoi “appuntamenti sociologici, più che spirituali” che hanno coinvolto e coinvolgono “ancora oggi, anche tanta vita sacramentale”. Quel cattolicesimo (tale è la mia estrazione e la mia educazione culturale con la quale mi confronto/scontro) che ancora oggi, a volte, mi considera pecora di un gregge in termini offensivamente intesi come sinonimi, rispettivamente, di persona non-pensante e, dall’altra, come semplice (inutile ?) parte di un anonimo branco.
Per me sono musica le sue parole sui “piccoli gruppi” e sulla loro “sfida ad essere lievito”. Esse coincidono con lo spirito che dovrebbe alimentare ogni comunità cristiana, come quella di cui faccio parte – la Comunità della piana, nata proprio da questo comune sentire – grazie all’intuizione di un caro amico, Pasquale Pirone, prematuramente scomparso esattamente tre anni or sono. Pasquale aveva oramai orientato da tempo la sua vita con la ferma convinzione “di pri
vilegiare la dimensione formativa in modo tale da essere testimonianza evidente di un modo altro di vivere”, esattamente come Lei ha detto, e lo coniugava con un intenso spirito ecumenico che rifuggiva da qualsiasi calcolo, categoria ed etichetta.
Sono contento, dunque, di questa non casuale occasione per averglielo potuto presentare, ricordandolo anche a quanti lo hanno conosciuto.
La saluto confidando di poterla conoscere di persona quanto prima e colgo l’occasione per invitarla – nella maniera più informale possibile – a qualche nostro incontro domiciliare infrasettimanale, durante il quale meditiamo – confidando nello Spirito – sulla Parola della domenica successiva.
Le rinnovo i più sinceri auguri di “buon lavoro”.
Massimo De Vinco
(Comunità della Piana)
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